LE MEDAGLIE SI VINCONO IN ALLENAMENTO, SI VA IN GARA SOLO PER RITIRARLE.

Nel 2024 ho corso e concluso la Signora delle marato­ne: la maratona di New York.

Prima di muovere i primi passi dentro scarpe da cor­sa sbagliate, ho attraversato un periodo buio. Un’ope­razione alla spalla destra mi aveva messa in pausa for­zata da tutto: dal lavoro, dallo sport del basket, dalla mia autonomia. Per una persona indipendente come me, dover dipendere dagli altri anche per le azioni più pratiche e intime è stato uno scoglio enorme. Fisica­mente, la ripresa è stata difficile.

L’obiettivo della maratona mi ha rimesso in carreggia­ta. In tutti i sensi. Ho messo in pratica tutti gli insegna­menti del coaching con rigore, uno dietro l’altro. Ho costruito un obiettivo ben formato, minuzioso in ogni fase. Dalla tabella di allenamento all’acquisto delle scar­pe adeguate, nulla è stato lasciato al caso. Ogni dettaglio contava. L’alimentazione, l’idratazione, l’integrazione. La gestione del tempo. Il supporto delle persone giuste.

Ma non si è trattato solo di correre. È stata una scelta intenzionale di uscire dalla comfort zone, di imparare cose nuove, di spingersi ogni volta un po’ più oltre… con disciplina e costanza. Allenarmi significava allena­re me stessa a fidarmi del processo, a restare focalizza­ta, a superare ostacoli visibili e invisibili. Ancora prima di incontrarli davvero.

Quante volte ho visualizzato il percorso e l’arrivo della maratona di New York… L’ho creato, nella mia mente, in ogni suo particolare. Non solo la gara, anche il tragitto che portava alla linea di partenza.

Ho vissuto nella testa tutti i passaggi. Sentivo le emo­zioni durante il rituale di preparazione e percepivo la tensione all’entrata nella zona riservata agli atleti. Gli altri runners, il ponte di Verrazzano, lo sparo, e poi la folla… la gente che ti accompagna come un’onda fino alla fine, a Central Park. Ho persino immaginato e provato la fatica e il come e il quando l’avrei superata. Udivo le parole del mio dialogo interno. Affrontavo il momento cruciale del trentesimo chilometro e proprio lì mi facevo forte e leggera allo stesso tempo. Il mantra che mi ripete­vo più e più volte mi portava avanti fino allo sprint finale, concludendo con il sorriso e le braccia aperte ad accogliere la vittoria. L’ho visualizzata così, la mia maratona… e proprio così è andata. A casa avevo già preparato, mesi prima, il posto per la medaglia. Il 3 novembre 2024 sono solo andata a prenderla.

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La flessibilità: dalla PNL al campo da basket